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    Un genere letterario è una categoria della scrittura letteraria. La letteratura viene convenzionalmente suddivisa in una molteplicità di generi detti anche forme codificate di un’espressione che ne rendono la classificazione molto più semplice e la discussione critica.

    Una prima distinzione molto generale è quella tra poesiaprosa e teatro. La prima si caratterizza perché cerca di riprodurre la musicalità di un suono attraverso il ritmo, la pronuncia e l’ordine delle parole; la seconda invece non ha questa caratterizzazione, e raggruppa quindi tutte quelle opere non in versi. Il teatro, poi, è da considerarsi una forma d’arte a parte, che spesso fonde insieme le prime due e sovente vi unisce la musica, dando origine all’opera lirica (che si fonda per la parte testuale su libretti talvolta scritti da veri e propri poeti) e, recentemente, al musical (o commedia musicale).

    Nell’ambito della prosa, ci si riferisce genericamente a narrativa per un romanzo o un racconto, se non si riesce a trovargli una ben definita classificazione. Tenendo conto che all’interno delle forme narrative possono trovarsi generi spuri come quelli del fotoromanzo (letteralmente un romanzo per immagini) o delle sceneggiature (cinematografiche o televisive) che destano a volte l’attenzione, in anni recenti, del mercato editoriale.

    Storia

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    Nella letteratura la definizione dei generi letterari costituisce uno dei problemi più dibattuti a partire dal Rinascimento, epoca in cui fu scoperta la Poetica di Aristotele, anche se l’origine del concetto di ‘genere’ risale all’antica Grecia, difatti Platone effettuò le prime distinzioni tra genere mimetico (tragedia e commedia), narrativo (ditirambo e nomo), e misto (epopea).[1]

    Quindi, sin dal classicismo si sono distinti i generi in base a determinate caratteristiche, ma nell’ordine gerarchico dei generi ci sono stati dei vincoli non sempre rispettati. Secondo i canoni del classicismo per definire un genere si prende in considerazione: a) il linguaggio della scrittura b) la natura dei temi trattati.

    Un’altra epoca fondamentale della storia della teoria dei generi è stata l’età romantica, quando Hegel nell’Estetica distingueva i tre generi dell’epica, della lirica e del dramma.

    Partendo dalla distinzione classicistica è possibile individuare per prima cosa il linguaggio della scrittura, cioè se l’opera è composta sotto forma narrativa, quindi epica, o in forma drammatica (teatro). Anche la natura dei temi trattati contribuisce a definire il genere. Solo attraverso la combinazione di tema e forma, dunque, viene fissata l’identità del genere in modo riconoscibile. Alla riconoscibilità del tema contribuisce anche l’orizzonte d’attesa dei lettori (o ascoltatori, in caso di generi orali come l’epica teatrale).

    Molti testi narrativi moderni annunciano il loro genere in un sottotitolo per orientare le scelte e le aspettative del lettore o anche per darsi uno statuto che il testo da solo non è sufficiente a rivelare.

    Ci sono dei generi (romanzo o lirica) che per la loro straordinaria varietà tematica costringono lo studioso di generi a una flessibilità interpretativa.

    I generi più formalizzati, come l’epica, la tragedia, la commedia, cioè quei generi che hanno una storia antica e che si sono presentati nel corso dei secoli sempre con nuove codificazioni, sono anche quelli che sono spesso serviti da modello a una trattazione normativa valida per tutti i tempi.

    In ogni caso, un genere è sempre relativo al sistema letterario che lo forma e lo descrive.

    Prima ancora che dai loro teorici, i generi sono definiti dagli autori; ad esempio Torquato Tasso, descrivendo le caratteristiche dell’epos (epica) classico in base alle opere di Omero e Virgilio, sottolineò, durante la composizione della sua Gerusalemme liberata, la necessità di escludere dalla scrittura epica ogni elemento della lirica che egli riconduceva al modello di Petrarca (ritenuto modello canonico assoluto).

    Classificazione

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    Siccome il genere letterario è di per sé un concetto mobile, assai facilmente suscettibile di cambiamenti, mescolanze, reinterpretazioni, nessuna classificazione dei moltissimi generi letterari può essere rigorosa o assoluta; tuttavia, una possibile classificazione sistematica di essi, che escluda i sottogeneri particolarmente rari, specialistici, sperimentali o ibridi, può essere la seguente, che distingue nella letteratura le tre forme di cui sopra (prosa, poesia e teatro), che si suddividono in categorie (ampi raggruppamenti di generi), a volte in sezioni (sotto-raggruppamenti di generi), generi e sottogeneri letterari; di seguito, per chiarezza, le denominazioni considerate generi in senso stretto sono indicate in grassetto:

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    Un’epistola (in greco antico ἐπιστολή, epistolḗ, “lettera”) è uno scritto diretto ad una persona o ad un gruppo di persone, normalmente una lettera formale ed elegante.

    Il termine viene utilizzato anche in contesto religioso: ad esempio nel cristianesimo le lettere nel Nuovo Testamento scritte dagli apostoli ai cristiani sono normalmente dette epistole. Quelle di Paolo di Tarso sono dette «Lettere di Paolo» e le altre semplicemente epistole.

    Storia

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    Le più antiche epistole sopravvissute nel tempo sono quelle immortalate su cocci di creta o su lastre di piombo, papiri e tavolette, quasi tutte di carattere privato o ufficiale, legate agli affari delle monarchie del Vicino Oriente antico, scritte in lingua assirobabilonese o in aramaico.[1] Le prime che assunsero una certa importanza letteraria furono quelle di Alceo nel VII secolo a.C., e quelle di Erodoto e Tucidide (V secolo a.C.).

    Antichità classica

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    L’epistolografia, in prosa o in versi, era un genere letterario importante nell’antichità classica.

    Nella letteratura greca, le prime lettere riunite e pubblicate come opera a sé furono probabilmente le epistole di Aristotele, per noi perdute, che assursero a modello delle epistole delle scuole filosofiche successive. Esistono anche lettere di Platone, della cui autenticità però si è discusso, mentre non sembrano esserci dubbi sull’autenticità delle lettere di Epicuro.

    Per quanto riguarda invece la letteratura latina, si annoverano qui svariate tipologie di epistole (in prosa o in versi, reali o letterarie, amorose o morali) composte da CiceroneOrazioOvidioSeneca e Plinio il Giovane.

    A partire dal I secolo si diffuse anche la moda delle epistole completamente fittizie, attribuite a personaggi storici o a “caratteri” fissi: a quest’ultima categoria appartengono le raccolte di AlcifroneEliano e Filostrato.

    L’epistolografia fu praticata fino al tardo antico, con le raccolte di Giuliano imperatore e Libanio.

    Epistole cristiane

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    Parallelamente si sviluppò una epistolografia cristiana. Il confronto tra le lettere di Paolo e migliaia di altre epistole greche, latine ed ebraiche ha rilevato come le epistole paoline seguano molte delle convenzioni tipiche del genere.[2]

    Medioevo ed età moderna

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    L’arte delle epistole venne insegnata durante il medioevo, dai dettatori a Montecassino, a Bologna e in Francia. Famose furono le epistole di Dante AlighieriFrancesco PetrarcaVoltaire e Giacomo Leopardi.

    Struttura

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    Le epistole erano scritte in stretta somiglianza con la tradizione letteraria ellenistica, specialmente le epistole paoline. Questo riflette l’influenza ellenistica sugli scrittori delle epistole. Ogni devianza da questo formalismo non è il risultato di un errore, ma indica l’intenzione specifica dello scrittore.

    Apertura

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    In contrasto con le lettere moderne, le epistole indicavano il nome dell’autore all’inizio delle stesse, seguito dall’indicazione dei destinatari (per esempio Lettera ai Filippesi). Gli scribi, o più correttamente gli amanuensi, che scrivevano l’epistola erano citati alla fine (esempio Lettera ai Romani). In mancanza del servizio postale, i corrieri potevano anche essere citati (per esempio Efesini).

    Dopo il nome dell’autore e dei destinatari, le epistole Paoline aprono con i saluti “Pace e bene”. Pace era un comune saluto ebraico e bene era un saluto ellenistico; questo riflette la doppia identità di Paolo, ebreo nella fede ed ellenistico nella cultura.

    Vi poteva anche essere una parola di ringraziamento ai destinatari, una preghiera o un augurio di buona salute.

    Corpo

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    Il corpo della lettera iniziava con una breve introduzione del tema principale.

    Chiusura

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    La chiusura della lettera reiterava la relazione fra lo scrittore ed i destinatari. Poteva anche contenere espressioni di ringraziamento, per esempio ai corrieri e agli amanuensi.

    Stile

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    Le epistole possono apparire più formali che nel testo originale a causa delle molte traduzioni. Lo scrittore cercava di stabilire una forma di sentimento con i destinatari della epistola, come in un faccia a faccia. Lo scrittore si augurava di rivivere l’amicizia facendo della lettera un sostituto della sua presenza. Le lettere scritte ad un gruppo di persone, comprese le epistole del Nuovo Testamento, venivano lette all’intero uditorio riunito in congregazione.

    Il contenuto era conciso come nelle attuali lettere. Infatti la scrittura richiedeva una considerevole spesa in carta, inchiostro e tempo nello scriverla.

    Le lettere spesso intendevano puntualizzare questioni teologiche (per esempio Prima lettera di Pietro, o confortare i cristiani per le persecuzioni subite Epistola di Giacomo).

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    La poesia (dal greco antico ποιεῖν, produrre, creare) è una forma d’arte che crea, con la scelta e l’accostamento di parole secondo particolari leggi metriche, un componimento fatto di frasi dette versi, in cui il significato semantico si lega al suono musicale dei fonemi. La poesia ha quindi in sé alcune qualità della musica e riesce a trasmettere concetti e stati d’animo in maniera più evocativa e potente di quanto faccia la prosa, in cui le parole non sottostanno alla metrica.

    Allegoria della Poesia, in un affresco di Raffaello sul soffitto della Stanza della Segnatura ai Musei Vaticani: raffigurata con un libro e una lira nelle mani, viene definita numine afflatur dalla scritta sorretta dai due putti ai lati, che significa «è ispirata da Dio».[1]

    La lingua nella poesia ha una doppia funzione: – Vettore di significati – con contenuti sia informativi sia emotivi; – Vettore di suoni. Per svolgere efficacemente questa duplice funzione, la sintassi e l’ortografia possono subire variazioni rispetto alle norme dell’Italiano neostandard (le cosiddette licenze poetiche) se ciò è funzionale (non solo esteticamente) ai fini della comunicazione del messaggio.

    A questi due aspetti della poesia se ne aggiunge un terzo quando una poesia, anziché essere letta direttamente, è ascoltata: con il proprio linguaggio del corpo e il modo di leggere, il lettore interpreta il testo, aggiungendo la dimensione teatrale della dizione e della recitazione. Nel mondo antico – ed anche in molte culture odierne – poesia e musica sono spesso unite, come accade anche nei Kunstlieder tedeschi, poesie d’autore sotto forma di canzoni accompagnate da musiche appositamente composte.

    Queste strette commistioni fra significato e suono rendono estremamente difficile tradurre una poesia in lingue diverse dall’originale, perché il suono e il ritmo originali vanno irrimediabilmente persi e devono essere sostituiti da un adattamento nella nuova lingua, che in genere è solo un’approssimazione dell’originale. Queste particolari criticità insite nella traduzione poetica determinano spesso un ampliamento del ruolo e delle competenze del traduttore anche in relazione alla progettualità e al lavoro editoriali nell’allestimento di raccolte e collane di poesia tradotta.[2]

    «Solo la poesia ispira poesia.»

    (Ralph Waldo Emerson)

    Poesia antica e moderna

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    Il sommo poeta, uno dei più importanti letterati fiorentini ed italiani

    La poesia è nata prima della scrittura: le prime forme di poesia erano orali, come l’antichissimo canto a batocco dei contadini e i racconti dei cantastorie. Nei paesi anglosassoni la trasmissione orale della poesia era molto forte e lo è ancor oggi. Successivamente fu accompagnata dalla lira, strumento musicale utilizzato a quell’epoca.

    La prima poetessa della storia di cui si abbia notizia fu la sacerdotessa sumera Enheduanna, vissuta nella Mesopotamia del XXIV secolo a.C. Nell’età romana la poesia si basava sull’alternanza tra sillabe lunghe e sillabe brevi: il metro più diffuso era l’esametro. Essa doveva essere letta scandendola rigorosamente a tempo. Dopo l’XI secolo il volgare, da dialetto parlato dai ceti popolari viene innalzato a dignità di lingua letteraria, accompagnando lo sviluppo di nuove forme di poesia. In Italia la poesia, nel periodo di Dante e Petrarca si afferma come mezzo di intrattenimento letterario e assume forma prevalentemente scritta: intorno alla fine del quattrocento prese piede anche la poesia burlesca.

    Nel XIX secolo, con la nascita del concetto dell’arte per l’arte, la poesia si libera progressivamente dai vecchi moduli e compaiono sempre più frequentemente componimenti in versi sciolti, cioè che non seguono alcun tipo di schema e spesso non hanno nemmeno una rima.

    Via via che la poesia si evolve, si libera da schemi obbligati per poi diventare forma pura d’espressione.

    Il concetto di poesia oggi è molto diverso da quello dei modelli letterari; molta della poesia italiana contemporanea non rientra nelle forme e nella tradizione, e il consumo letterario è molto più orientato al romanzo e in generale alla prosa, spostando la poesia verso una posizione secondaria.